Il giovane era stato accusato e condannato all’impiccagione per aver stuprato un altro uomo. Siccome l’omosessualità non esiste in quel paese (e soprattutto non è tollerata) ecco il modo migliore per liberarsi del peccato: con una corda al collo.
E se, generalmente, la morte avviene senza clamore e difese, in questo caso, la famiglia del condannato aveva deciso di reagire, dal momento che colui che aveva sporto denuncia ha poi ritrattato il tutto, dicendo di non essere stato violentato nè aggredito. Aveva dovuto sporgere denuncia a causa della pressione della sua famiglia, dopo aver saputo quello che era accaduto tra i due uomini.
Ma nemmeno le accuse cadute e ritirate e l’intervento di un avvocato hanno potuto impedire l’annullamento della condanna. Ebrahim Hamidi verrà ucciso, impiccato, macchiato di una colpa che non ha commesso se non quella di amare un altro uomo. Ma lì i gay non possono vivere e devono essere eliminati alla radice, pendendo nel vuoto, con gli occhi girati all’indietro: corpi senza vita, mucchi d’ossa senza alcuna importanza.
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